giovedì 25 giugno 2015

Un attimo prima che venga giù la neve

Lara si era alzata presto quella mattina, nonostante fosse domenica.
Aveva fatto colazione accarezzando pigramente il gatto, e poi era uscita fuori a stendere i panni.
La notte aveva lasciato una patina di ghiaccio sui parabrezza delle macchine parcheggiate in strada. L’aria era ancora rigida, le mani le dolevano per il freddo e si era dovuta fermare più di una volta a riscaldarle prima di proseguire con il bucato. Poi era tornata in casa, aveva richiuso in fretta il balcone, ed aveva iniziato a lavare i piatti della sera prima canticchiando sottovoce un motivetto scemo per non svegliare suo figlio che ancora dormiva.
Fu un attimo, una frazione di secondo. Lara ebbe la sensazione precisa che qualcosa era cambiato, come se il mondo si fosse spostato di mezzo millimetro dalla linea sulla quale aveva camminato fino ad un istante prima.
Posò nel lavello il piatto che stava insaponando e stette immobile a sentire l’aria. C’era stato un cambiamento quasi impercettibile negli odori, forse. O era il rumore del silenzio che non era uguale, sembrava più ovattato, attutito.
Asciugò le mani al grembiule, si girò verso la finestra e sorrise: l'aveva sentita prima ancora di vederla, un attimo prima che cominciasse a venire giù.
La neve era una cosa insolita dalle sue parti, anche in pieno inverno. Trattenne a stento l’impulso di svegliare suo figlio, e rimase per un po’ a guardare i fiocchi che si scioglievano appena toccavano l’asfalto. Poi riprese a lavare i piatti, riprendendo a canticchiare il motivetto scemo.

- Mi ha chiamato l’avvocato l’altro giorno – disse più tardi l’uomo seduto al tavolo della sua cucina, fissando lo sguardo sulla sigaretta appoggiata nel piattino che Lara gli aveva dato da usare come portacenere – i tre anni sono trascorsi, bisogna pensare al divorzio.
Qualcuno le aveva detto un tempo che il divorzio sarebbe stato più duro da affrontare rispetto alla separazione. Perché è definitivo, forse. O perché riapre vecchie ferite.
Attese, immobile, che arrivasse la botta, e si preparò ad attutirla. Cercò un dolore, anche piccolo, in un punto qualsiasi del corpo. O un rimpianto, una fitta, un rigurgito di rabbia, una cosa qualsiasi.
Ma non successe nulla.
Pensò piuttosto che ci sarebbero voluti dei soldi per l’avvocato. E che non aveva nessuna voglia di tornare in tribunale.Pensò che avrebbe dovuto abituarsi a declinare il nuovo stato civile. E che il suono del sostantivo “divorziata” non le piaceva affatto. Pensò che non c’era poi tutta questa fretta di regalare altri soldi all'avvocato, anche perché mentalmente lei aveva divorziato prima ancora che scadessero i tre anni.
Pensò che il divorzio altro non era che una formalità di cui non aveva voglia di occuparsi in quel momento..
Pensò tutto questo e lo disse all’uomo che fissava il mozzicone nel piattino.
- Beh, certo, se è solo una formalità…- disse lui senza completare la frase, accendendosi un’altra sigaretta.
Lara pensò che con quegli occhiali l'uomo assomigliava molto a suo padre. E come suo padre stava diventando vecchio. Pensò che avrebbe dovuto provare un po' di tenerezza per quelle righe lasciate dal pettine tra i capelli radi, o per le scarpe tirate a lucido, come al suo solito. Pensò pure che avrebbe dovuto aggiungere qualcosa per mitigare il tono indifferente col quale aveva detto che scrivere la parola fine sul loro matrimonio era solo una formalità. Ma non le venne in mente niente.
Spostò lo sguardo alla finestra, c'era ancora qualche fiocco di neve nell'aria. Pensò che se l'uomo e suo figlio non si fossero sbrigati ad uscire a lei sarebbe toccato protrarre le pulizie nel pomeriggio.
Pensò che era stato bello, quella mattina, sentire la neve un attimo prima che venisse giù.

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