domenica 6 giugno 2010

Il lercio




Quattro giorni in compagnia del lercio e non c’è scampo alla misandria.
No, perché lo sappiamo bene che l’uomo è fatto di materia, oltre che di spirito.
E la materia comprende cose poco piacevoli quali eczemi, emorroidi, caccole, vermi solitari, evacuazioni di varia portata e natura, odori e afrori a dir poco sgradevoli.
E sappiamo pure che per i tanti lerci che ci sono in giro la donna altro non è che un buco  con tutto un inutile resto intorno.
Però ritrovarsi a leggere tutto questo lerciume nero su bianco, senza un briciolo di umanità a controbilanciare, fa salire lo schifo pagina dopo pagina.
Ti si dipinge tutto in faccia, il disgusto che provi man mano che vai avanti. Non ti arrendi solo perché chi te ne aveva parlato ti aveva avvisata, guarda che è tosto, ha fatto un po’ senso anche a me.
E se ce l’ha fatta lui, perché tu no?


Così arrivi alla fine. Ma  è troppo tardi, non serve a nulla  scoprire che il lercio è così lercio perché ha avuto un’infanzia difficile. Non lo rende più umano sapere che sua moglie l’ha  mollato per un negro, lui, polis razzista fascista e pure tanticchia misogino. Ormai ti è rimasta nella capoccia l’immagine di lui che sniffa i pantaloni che puzzano di piscio, prima di indossarli non avendone altri puliti. E quell’altra, di lui che leva la forfora dalle spalle della ragazzetta subito dopo averla costratta a fargli un servizietto.Inutile aggiungere che la forfora non proviene dal cuoio capelluto.

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